Song: Lock Dawn Oversessuale
Artist:  Uochi Toki
Year: 2020
Viewed: 37 - Published at: 5 years ago

È una notte in sole pieno, queste strade di paese che risuonano assordanti e piene delle frasi più arroganti che il bene abbia mai appeso son cartelli così facili che traducono me in Greco, ma io non sento il magnetismo dell'Ulisse multiforme in giro a fare il maschio tossico, fragile, impelagato in una ciurma di spacconi che ora vogliono tornare a casa, ora vogliono perdersi nelle isole di gozzoviglia e sono sempre gli altri a doverli aiutare. Il dеstino di un atteggiamento simile è annеgare inesorabilmente mentre io cammino come Cassandra sapendo quello che succederà e sapendo anche che sapere cosa succederà non è un superpotere che ti aiuta a modificare gli eventi ma un super volere che ti permette di vedere la struttura della realtà.
Sono pronta all'ingresso del cavallo in città come l'essere presa di violenza da Aiace e finire come soggetto di pittura vascolare e questa prontezza mi rende capace di gestire il dramma previsto e mi prepara all'essere impreparata a quelle sorprese molto più oscure, sconfinate, che nemmeno la veggenza di un Tiresia può indicare.

È una notte in sole pieno, io cammino senza navi, senza compari, sono uscito per davvero con il passo a-ritmico di un Fremen nel deserto di paese, i vicini che diventano persiane mi guardano passare mentre io recupero i miei liquidi con la tuta tipica, la stessa che indossava Alia Atreides. Finalmente un presceltə con una curva di apprendimento incredibile, cioè verosimile! Se assorbisse il potere della Spezia tramuterei i Tremors in Shai-Hulud, cambierei i poli nord e sud disperdendo discendenze e saghe, un frullato narrativo privo della componente militare o paramilitare, solo sbattere la faccia contro un vuoto ignoto, non oscuro: colorato, un rimedio squilibrato ad un problema che non c'è. "Un problema, chi ha detto problema?" "Qui non c'è nessun problema! Se lo hai detto ce l'hai tu!" "No no, ho detto che non c'è!" "Ah l'hai non detto per dirlo allora sestupla negazione, contraddizione..." "Eh sì va beh allora vaffancthulhu."

È una notte in sole pieno ed un vecchio porta a spasso il cane: surreale! Una shura porta a spasso il cane: surreale! Un uomo d'affari porta a spasso il cane: surreale! Un ragazzo d'affari porta a spasso il cane: sta monetizzando.
Faccio un gesto con la mano, il cane evolve come un pokémon ed al rapporto padroni-cane questo sembra surreale, anche se sia il cane sia il pokédog sono normalissimi esemplari appartenenti a questa versione del mondo, al contrario dell'accettazione di stravolgimenti e conseguente adattarsi. Ma infine, perché lo porti a spasso? Per risolvergli un problema di rapporto con lo spazio che gli hai creato tu? E cosa vuol dire "volere un cane"? Me lo chiedo perché spesso io mi trovo a volere un cormorano o un marabù scoprendo sei minuti dopo che per me il volerlo significa voler essere un cormorano o un marabù e questo mi rimanda al fatto che quando un uomo desidera una donna potrebbe magari avere una volontà di fusione alterica sostenuta dalla voglia di essere quella donna, non nell'ormai discussa via dell'identità di genere, ma nell'indiscussa sberla del voler essere qualcosa di diverso dall'umano percepito. Non intrappolata in un corpo in cui non si riconosce, ma intrappolata in un corpo. E se il risultato di un rapporto in divenire impossibile fosse la creazione di un altro essere umano che prima non c'era? Ecco, si riapre il frattale di un'alterità che cammina nelle membra di un figlio, ma il tipo che porta a spasso il cane comunque non si accorge di nulla, mentre io sono già entrato e uscito da sei corpi e sono diventato genitore e prole del marabù, del cormorano e via. E via, via via queste regole dell'attrazione, e via via che cammino verso la stazione sulla via vedo una pasticceria, la evito come i cormorani quando rimangono invischiati nei petroli riversati in mare e non vogliono più incastrarvicisi. Ho perso voglia da quando ho visto Napoli gentrificarmisi tra i piedi ed ora guardo dolci senza gusto tutti uguali, quintali di sfoglie esibiti come lemmings morti appassiscono nelle vetrine, te li mangi a colazione il lunedì e sanno di sabato e domenica, una crema di gloria ai muratori della glassa che voglion battere solo cassa, non attacca la favella con me che ho la voglia denudata di chi è arrivato allo schifo verso la Nutella, e all'improvviso da Gennaio basta panettone, basta sfogliatella, basta! Basta far passare questi cibi fatti male come mie passioni, soddisfo tosto il disio mio de quel dolciume ma se non ghetto satisfaction ho già capito che la via non è provare e riprovare, ma provare... ad ascoltare.

Penso... cammino senza musica in cuffia perché fa la fine di brioche e pasticcini, auricolari come porte che tutelano il rapporto coi vicini a cui non tengo più. Perché trattenere con la diga questo lago artificiale di attività emotiva in nome di una tranquillità che comunque il vicino non consegue e non ha mai conseguito? È ridicolo, chiederebbe gentilmente ai moti tellurici di abbassare se si ricordasse che esistono e chiamerebbe la Polizia quando vede che non gli rispondono e non si fermerebbe a questo. Siamo entrambi insoddisfatti io e il vicino, con la differenza che a me l'insoddisfazione libera dal peso del conseguimento e dal dover pensare e dire “oh quant'è bella quella cosa” e divento estatico e leggero, mentre il vicino insoddisfatto se finisce i fattori esterni con cui prendersela si spegne, come la musica a volume neanche così alto quando lui chiedeva di abbassare.
Ed io continuo a camminare, arrivo alla stazione insoddisfatto e grato come un tanuki che non rivedrà mai più i suoi boschi e le sue montagne ed è costretto a stare trasformato in un umano a dire “grazie e buona sera” a coloro che gli hanno distrutto via le tane. Prendo il treno senza rabbia, senza la minima voglia di combattere per i motivi che ho già indicato in scritti addietro e se non si capiscono poco importa, tanto di voci ne senti già molte che ti dicon cosa fare e soddisfano il tuo bisogno di un'autorità. Mi siedo nei quattro sedili più vuoti, carrozza fredda, che il riscaldamento mi uccide la respirazione. Io il finestrino siamo sempre stati amici, con lui non ho bisogno di sessioni di meditazione.

Tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu...

Il mio intestino batte come un cuore, segue il rumore delle ruote che sobbalzano, il corpo e l'ambiente che si sincronizzano come coinquiline che prendono ad avere il ciclo negli stessi giorni e ne parlano tra di loro. Il treno è uno dei miei fiumi e mi leviga come un suo sasso e credo sia dovuto al mio spirito altromantico se quando appena mi rilasso nel panismo immediatamente mi distraggo e trasalisco. Nicotina e dopobarba? Nicotina e dopobarba, un odore combinato che mi innesca una rabbia non umana, una voglia di starmene al mio posto così forte da piegare tempo e gravità e diventare il tanto decantato buco nero che inghiotte mondi senza colpa né pietà. Ma non lo sono ancora: sono solo un passeggero con l'olfatto intatto che reagisce male al dopobarba e nicotina, dopobarba e nicotina, dopobarba e nicotina, dopobarba e nicotina… Ew, mentre lo scrivo e lo dico posso quasi percepirlo quell'odor di maschio alfa decaduto che mi puzza di vecchio come la vita di Prim and the Fresh Prince. È questo Gollum dunque? Il nemico più temuto dalla community LGBT+? È subito chiaro che il maschio alfa è un asintoto, una condizione-strato idealizzata cui tutti maschi beta tendono, e proprio per il fatto di cercare di arrivare all'alfa, confermano la betaggine producendo la radioattività da maschio gamma che va oltre la tossicità, e ci vogliono i tempi di decadimento dell'uranio per liberarsene. Per questo divento maschio delta, ovvero entro un intervallo da me deciso in modo da sfruttarne solo pochissime caratteristiche e lasciare ai maschi eta, theta, zeta, iota il compito di scarrettare via tutte le scorie da bar e da cantiere, che sono una costante come i maschi kappa, i quali non cambieranno mai, nemmeno di fronte all'evidenza della fluidità propria e altrui, mentre i maschi lambda sono poco interessati ad affermare la mascolinità e si concentrano nell'uso della cono-scenza in silenzio distruggendo strutture inaccettabili con la pistola a zero-gravità, passando sopra i maschi mu che di vuotezza imbarazzante muoiono ed i maschi ni che per esistere devono per forza dire l'opposto per risultare xi, incogniti, come i maschi omicron che non hanno detto nulla e i maschi pi che sono chiusi in una stanza a cercare numeri che li tengan distanti da bucarsi il cranio, a dispetto di un maschio rho che non vede l'ora di lasciare al maschio sigma il compito di manipolare ciò che pensa in un coito tanto equilibrato quanto circolo tortuoso dal quale il maschio tau si trasla perché sa darsi alla macchia quando tutto è troppo candido; ed interviene upsilon a dire la sua sui cromosomi e le influenze che dovrebbero avere sui maschi phi e dai maschi chi ottieni solo risposte chiastiche, un colpo al cerchio e uno alla botte, e parlo bene solo ai maschi psi che sono più che sensibili, sono sensitivi, e i maschi omega per quanto critici affilati sono speculari agli alpha e me li ricordano in continuazione.

A fare gli alfabeti almeno occupo il tempo e non sento e mi dimentico i discorsi dei non morti che siedono negli scompartimenti adiacenti e borbottano la loro categorizzazione. Lo spazio mi vuole bene ed il trenino a cherosene finalmente arriva alla sua finale destin-stazione. Scendo a Cadorna sulle note di Phantas ed organizzo la mia consciousness non in pattern che tornerebbero facendomi la patternale se non avessi un’immaginazione che non è inventarsi giù roba dal nulla ma percepire in assenza di, come dice il buon apache, e appena tocco la banchina tutti sentono la musica che sento io ma da dentro e dove passo crescono rovi e Ginkgo biloba, i binari regrediscono a minerali più carbone, i cartelli e le infografiche si traducono da sole dal linguaggio dell'alienazione a quello dell'alter, i treni svengono perché sono robot che hanno alle spalle troppi after ed io mi muovo lento come se nessuno mai avesse avuto fretta, la mia felpa parla e distrugge le leggi del karma, la civiltà è un mandala, no, di più: la realtà è un mandala e a mandarla all'aria sono stati tanti e tante volte è stata pazientemente ricostruita, per questo io non spargo questa sabbia colorata ma aggiungo variazioni che possano rendere la geometria più... complificata. E allora via questi tornelli: li trasformo in tripodi rovesciandoli ed i negozi di cibo per i viaggiatori sono torture per i senzatetto che sono anche senza muri e senza pavimento ed io sono senza tante cose la cui assenza non mi definisce ed esco deflagrando foglie della stazione di interscambio che analogamente a claustro si trasforma al mio passaggio ma non in blocchi neri, sono più giardini di ferro, il castello urlante di un idraul-ico e così sembrerei troppo cristaceo con antenne, carapace e capace di cambiare la realtà con unicità e invece no, sono solo uno Yokai e se ti guardi attorno noterai altri ottomila Kami, una parata di esseri paranormali che ti fanno un po’ impressione ma sono sempre stati lì accanto a te, ignorati, ed ora chiedono soddisfazione. No, non chiedono soddisfazione, chiedono interazione. No, nemmeno: non chiedono. Io non sopporto chiedere, per questo rubo e non mi giustifico, cammino serafico fino in piazza puntaspilli, estraggo l’ago dal terreno e guarda come cucio la tua città del cappio, come ibrido cassonetti della spazzatura con fontane originando spruzzi di percolato, guarda come ti combino casa e giardino non bush-craft di siepi di pitosforo che diventano stanze singole a prezzi proponibili, con letti di foglie e connessione di radici inclusa. Guarda come leggo con il filo rosso, verde, giallo il palazzo di giustizia col deposito dei mezzi che finalmente diventano gli interi e nelle aule si martella un po di dinamismo. Guarda come mischio i locali dei Navigli coi Navigli, che non saranno più canali ormai decorativi ma parte integrante di quello che bevi con gli stivali da pesca ben oltre i piedi ed i cantieri con i parcheggi diventano campeggi, carteggi, partieri dove puoi giocare con le ruspe e mandi giù i picchetti delle tende col martello pneumatico, fermando il traffico per montare l’amaca fra due pali della luce. Forte questo ago! Cuce insieme redazioni con la piccola e media ristorazione e nascono le pause riunione dove grafici copywriters e art director hanno mezz'ora per decidere tutto spendendo tra i 10 e i 15 euro e poi tornano in cucina a prepararsi pranzi e cene col telefono dimenticato in spogliatoio. E poi ti assemblo insieme sia il castello che il Duomo che la circonvalla, così si gira in macchina in una macro pista a tema Medioevo e tardo Gotico con la radio spenta e senza fretta nella penombra con lo sconforto rigoroso del suolo d'organo.

Capisci? Io sono fatto così, sono una persona solare, pieno di gas che brucia e se ti avvicini devi saper resistere ad un calore fissile se no ti sciogli. Capisci? Io sono fatto così, sono come mi vedi... SE mi vedi. Io sono fatto così, non te la mando certo a dire, ma non te la dico nemmeno io. Io sono fatto così, sono come un cartone animato francese che descrive il corpo umano però in termini pata-biologici. E intanto la città è cambiata: ho riempito le questure e le caserme di videogiochi così le forze dell'ordine sono più portate a rimandare gli impegni e chi viene trattenuto ha qualcosa da fare. Ho riempito gli ospedali di cuochi così si mangia per lo meno qualcosa di decente, ho ripristinato i cabinati nei bar e nelle sale scommesse perché appunto, dai, così almeno si gioca! Ho scambiato di posto il corpo docenti e il collettivo, così, per vedere come funziona, ed ho messo videogiochi negli uffici pubblici così almeno si gioca. Sì, lo so, forse ho messo un po’ troppi videogiochi, però sono l'unico punto di contatto tra le mie pause nel disegno e i momenti di astrazione super scriptati delle persone che si definiscono “cittadini”! Questa non è la mia vita, questa non è la mia vita, questa non è la mia vita, questa non è la mia vita, la mia vita è sempre altro, la mia vita è sempre altro, la mia vita è sempre altro!

Son finiti tutti i treni di ritorno, vado a piedi. Mi lascio alle spalle una città cambiata, ma un tizio fresco fresco arriva, la guarda, dice: “sì vabbè che sbatti” e la rimette tutto a posto come prima, poi mi si gira, mi si guarda e mi si dice “Oh no bellissimo quello che hai fatto eh! Però la gente non avrebbero capito.” poi ci mette dentro due vocaboli tipo “la vita”, “le certezze”, mi fa il pat pat sulla spalla ma solo perché non può tirare un calcio ad una persona che gli sta girato di fronte, che lo ascolta mentre sta parlando, ed io che me ne stavo andando lo ascolto e so già che non riuscirò a rispondergli niente perché è così per me: io non riesco a combattere per le cose che ho costruito, io posso solo ricostruire continuamente le cose che mi vengono distrutte. È un tipo di energia diversa. Energia... energia... vocabolo abusato. Sì! E questo continua a parlare ma non lo sa che appena se ne va dall'altra parte io poi ricostruisco tutto. Questo è il mio modo di resistere, non riesco ad arrabbiarmi con queste persone, magari un po’ di fantasma delle scale e poi mi arrabbio quando torno a casa, ci penso un po’ ma poi è solo voglia di rifare tutto daccapo: trials and error, come nei videogiochi! Hai capito perché voglio metterci un po’ di videogiochi qua dentro? Perché fanno capire un po certe meccaniche del fare, disfare, arrivare a tre quarti del gioco e poi ti salta tutto e devi rifarlo daccapo: sono lezioni di vita, lezioni di vita in partite da qualcosa che vita non è esattamente. O sì? Comunque questo tipo qua era veramente fuori eh. Cioè, per me è veramente fuori poi magari io per lui sono uno fuori. Non so. Cioè… mai avuta la risposta pronta, mai. Ma poi anche se avessi avuto la risposta pronta, cioè, cosa succedeva? Ok, questo mi disfa tutto quello che io ho fatto e gli do la risposta pronta e lui ride? Cosa fa? Non lo fa più la prossima volta? Eh? No, non lo fa più, no che non lo fa più, eh come no, sì certo! A me comunque tocca di andare li e ritirar su tutto. “Tocca”... è perché voglio, però è strano veramente... questi tipi che ti distruggono tutto e poi devi rifarlo, sì, a me sembran sempre tutti uguali, ma siccome so che la ripetizione è differenza so bene che se una cosa mi sembra uguale a un'altra sono io, sono io che la sto rendendo uguale, e quindi ecco che cosa devo costruire questa volta.

( Uochi Toki )
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